La situazione che abbiamo vissuto e che stiamo, in parte, ancora vivendo a causa della pandemia ci ha messi in difficoltà, oltre che per la paura e il timore della malattia stessa anche per una serie di conseguenza legate ad essa. Infatti, fin dall’inizio ci siamo visti costretti a subire decisioni prese da altri e molte delle situazioni sociali a cui eravamo abituati si sono ridotte, sia per le restrizioni, sia per la paura del contagio. Ecco perché o a causa dell’eccesso della presenza dell’altro (inteso come le altre persone, il mondo esterno) o della notevole riduzione della presenza dell’Altro, ci destabilizziamo e dobbiamo trovare un modo per percepirci. Le emozioni e le sensazioni, infatti che proviamo solitamente emergono dall’essere in uno specifico contesto, ed eventualmente in una specifica relazione interpersonale.
Per alcuni di noi non potersi muovere secondo la propria volontà o non poter prendere decisioni in totale autonomia, può portare all’assottigliamento del senso di autodeterminazione. Questo fa sì che si giunga al punto di avvertirsi come diretti dall’altro, così come un regista dirige un attore, il quale esegue ma non decide cosa fare. In tal caso l’eccesso di alterità rappresentata da chi per noi decide (in questo caso il virus e di conseguenza le autorità)si intreccia con una dimensione autonoma che necessariamente resta nascosta; l’avvertirsi attori delle proprie azioni e dei propri comportamenti e non autori degli stessi, si accompagna a una percezione di invasività da parte dell’altro e di annullamento di sé. Se dunque il senso di essere autori della propria esperienza si regola grazie anche alla presenza dell’altro, quanto più forte è la percezione di invadenza, tanto maggiore sarà il bisogno di fronteggiarla. Per questo motivo, talvolta, ci buttiamo su ciò che ci consente di percepire maggiormente il nostro corpo come ad esempio cibo, intensa attività fisica….
D’altro canto anche la riduzione della percezione dell’alterità, a causa del senso di incertezza derivante dalla mancanza dell’approvazione dell’altro può generare un senso di esperienza personale, che ci appare incompleta sia nel valore che nella qualità. Il caso della solitudine, della tristezza o del vuoto in seguito ad un distacco (che può derivare da una rottura affettiva, dalla perdita del lavoro ecc..) possono esserne un esempio. Anche in questo caso uno dei modi per regolare questo senso di insufficienza personale è attraverso il corpo. Sentirsi attraverso il corpo consente di spostare il bisogno di alterità sul corpo stesso e di restituirci anche solo per un po’ di tempo quel senso di sicurezza di cui l’allontanamento dalle situazioni sociali ci ha in parte privato.