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LE FUNZIONI COGNITIVE COINVOLTE NELLE CONSEGUENZE NEGATIVE DELLA MANCANZA DI SONNO: la memoria

La memoria è una funzione psichica molto complessa che ha a che fare con l’immagazzinamento, ritenzione e recupero delle informazioni acquisite in precedenza e che richiede un’attiva rielaborazione dei contenuti piuttosto che una passiva ricezione di essi. Questo implica che il contenuto recuperato sia una ricostruzione, piuttosto che un’accurata e fedele rievocazione dell’informazione originaria. La memoria non è solo la somma di ciò che siamo consapevolmente in grado di ricordare, ma l’insieme dei meccanismi in base ai quali gli eventi passati influenzano le risposte future. La memoria è la capacità di mantenere le informazioni disponibili nel tempo. In ogni momento, grazie alla memoria abbiamo a disposizione le conoscenze e le abilità apprese nel passato, le intenzioni e i progetti da realizzare nel futuro, i dati e le idee per agire nel presente. La memoria consente di suddividere il tempo in segmenti distinti e costituisce un importante riferimento identitario. Quando conoscenze e ricordi sono condivisi, la memoria è un fondamentale strumento di identità collettiva che offre schemi di interpretazione e di comportamento e si mantiene attraverso la rievocazione ripetuta.

In particolare le tipologie di memoria che possono risultare deficitarie in seguito alla mancanza di un buon sonno sono la memoria di lavoro e la memoria episodica. La memoria di lavoro mantiene ed elabora le informazioni durante l’esecuzione di compiti cognitivi. La memoria di lavoro rappresenta il nostro presente. Essa inoltre ci aiuta a trasformare il passato in presente. E ad integrare il vecchio con il nuovo. Questa struttura di memoria però riesce a mantenere l’informazione per un periodo limitato di tempo.

 

La memoria episodica esprime esperienze vissute, ricordi, eventi cui si è assistito o partecipato, contiene informazioni spazio-temporali che definiscono dove e quando il sistema ha acquisito la nuova informazioni.

Tali aspetti sono stati verificati in uno studio di Fortier-Brochu e Morin nel 2014 dove sono state confrontate le performances tra individui insonni e un campione di controllo.

È importante sottolineare che eventuali deficit mnesici non sono generalmente di grave entità e, se non ricollegabili ad altre cause, sono tendenzialmente reversibili.

LE FUNZIONI COGNITIVE COINVOLTE NELLE CONSEGUENZE NEGATIVE DELLA MANCANZA DI SONNO: l’attenzione

Siamo esposti continuamente a così tante stimolazioni e informazioni provenienti dall’ambiente esterno che se le dovessimo elaborare tutte saremmo completamente sopraffatti dai nostri sensi. L’attenzione rappresenta il meccanismo in grado di selezionare, in base alla loro rilevanza, specifici stimoli su cui convogliare risorse cognitive escludendone altri, per questo si tratta una funzione cognitiva necessaria all’esecuzione di tutte le attività quotidiane e ricopre un ruolo adattivo importante per la sopravvivenza dell’individuo. L’attenzione è un costrutto misurabile e può diminuire per molte cause come la stanchezza, la noia o un’emozione improvvisa.

L’attenzione è una capacità multicomponenziale; Van Zomeren e Brouwer classificano le componenti dell’attenzione in due dimensioni: componenti intensive e selettive.

Per componenti intensive si intende qualsiasi processo cognitivo supportato da un’attivazione dell’individuo, la quale può aumentare o diminuire in base alle esigenze del compito; di questa dimensione fanno parte:

  • allerta (funzione base di attivazione dell’individuo). Un deficit di tale funzione consiste nella difficoltà da parte del soggetto di reagire prontamente agli stimoli;
  • attenzione sostenuta: capacità di mantenere livelli ottimali di attenzione nei confronti di uno stimolo o di un compito per lungo tempo. Un deficit di tale funzione consiste nella difficoltà nel mantenere l’attenzione su attività prolungate creando disagi a livello scolastico e lavorativo;

Le componenti selettive dell’attenzione hanno invece il ruolo di focalizzare le risorse cognitive su un insieme circoscritto di informazioni, poiché non tutte possono essere elaborate contemporaneamente e molte stimolazioni non sono rilevanti per la nostra sopravvivenza o per i nostri scopi; fanno parte di questo raggruppamento:

  • attenzione selettiva: capacità di focalizzarsi su uno stimolo mentre si escludono contemporaneamente altri dalla consapevolezza La situazione che costituisce un classico esempio di attenzione selettiva è rappresentato dal cosiddetto effetto cocktail party dove in una situazione in cui arrivano emissioni sonore da tutte le parti, siamo in grado di selezionare solo quelle provenienti dalla persona con cui stiamo parlando. Un deficit di tale funzione rende difficoltosa la selezione di stimoli necessari allo svolgimento dei compiti permettendo l’interferenza di stimoli distruttori;
  • attenzione divisa: capacità di distribuire le risorse mentali su più compiti eseguiti in contemporanea. Un deficit di tale funzione crea difficoltà nello svolgimento e nel compimento corretto di più attività nello stesso tempo.

È importante sottolineare che eventuali deficit attentivi non sono generalmente di grave entità e, se non ricollegabili ad altre cause, sono tendenzialmente reversibili.

Cos è il sonno? E come lo percepiamo?

Il sonno è uno stato fisiologico che consente di creare ristoro al nostro cervello e permette un buon funzionamento delle nostre funzioni cognitive. Il sonno è un processo attivo, uno stato comportamentale che prevede una determinata postura e ci consente di innalzare una barriera temporanea con l’esterno,

I DSA: la dislessia

 

 

 

 

 

 

Oggi parliamo della dislessia evolutiva!!

La dislessia è nota come disturbo della lettura, che risulta facilmente osservabile, soprattutto perchè il bambino, mostra una lettura lenta, stentata e sono presenti, spesso, errori di diversa natura. In parole povere, il bambino con dislessia non legge in maniera “automatica”. In questi bambini, si possono osservare:

  • omissione di lettere e parole in lettura (mentre legge salta alcune parole o legge le parole in maniera incompleta);
  • è più lento nella lettura anche se il carico scolastico non aumenta;
  • ha difficoltà a ricopiare un testo scritto alla lavagna;
  • mostra più difficoltà nell’acquisizione di una lingua straniera

Le difficoltà che portano un genitore , in seguito a quanto riportato dal figlio stesso, dalle insegnanti, o per sua osservazione, a sospettare che possa essere presente un disturbo della lettura, possono variare in base all’età del/la bambino/a o ragazzo/a. Seppur una diagnosi di dislessia, possa essere confermata a partire dalla fine della seconda elementare, anche all’ingresso nella scuola primaria e già dalla scuola dell’infanzia, o ancor prima, i genitori possono notare alcune difficoltà, quali:

  • più lento sviluppo del linguaggio;
  • difficoltà nel ripetere una parola nuova appena ascoltata.

Il bambino dall’inizio della scuola elementare deve sempre avere a fianco un adulto nell’esecuzione dei compiti ed è molto lento in essa.