COME L’INSONNIA HA A CHE FARE CON LA PSICOLOGIA?
L’insonnia, intesa in senso generico come difficoltà a dormire, implica in realtà una serie di aspetti, oltre che di natura fisiologica anche cognitiva e psicologica e i tre aspetti vanno di pari passo. L’insonnia, infatti è definita come uno dei più diffusi disturbi del sonno e all’interno della suddetta categoria è riportata con l’utilizzo di precisi criteri diagnostici nel DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali). Questo non deve terrorizzarci, ma farci capire l’importanza che all’insonnia è stata attribuita, soprattutto rispetto alla sua influenza su molti meccanismi di natura cognitiva e quanto essa possa avere a che fare con disturbi psicologici dai più considerati tra i più diffusi negli ultimi anni, quali ansia e disturbi dell’umore. Chi soffre di insonnia ha una reale difficoltà più precisamente:
l’insonnia è caratterizzata da insoddisfazione soggettiva riguardo la quantità o la qualità del sonno, che si può verificare nelle seguenti fasi:
- difficoltà a iniziare il sonno al momento di coricarsi (insonnia iniziale)
- difficoltà a mantenere il sonno, con risvegli frequenti o protratti nel corso della notte (insonnia centrale)
- presenza di risveglio precoce al mattino con difficoltà a riaddormentarsi (insonnia tardiva)
L’alterazione del sonno spesso compromette le normali abitudini di vita, comprendendo anche effetti nelle ore diurne che frequentemente riguardano:
- pensieri ricorrenti e preoccupazioni relative al sonno
- maggiore affaticabilità
- abbassamento del tono dell’umore e/o maggiore irritabilità
- diminuzione della capacità di concentrazione con un possibile peggioramento nel rendimento sociale e lavorativo
- sintomi fisici, quali mal di testa, fomicolii, stati tensivi, sintomi gastrointestinali
Affinchè si possa diagnosticare tale condizione clinica è necessario che gli episodi si verifichino almeno tre volte a settimana e persistano per almeno tre mesi, nonostante vi siano adeguate condizioni per dormire.